Ammetto che è stata una gita programmata all’ultimo minuto, ma sono contentissima di aver scoperto questo piccolo e romantico Borgo in provincia di Verona.
Borghetto sul Mincio, è una piccola frazione di Valeggio sul Mincio. La definisco una bomboniera dal cuore medievale, situato vicinissimo al lago di Garda e di recente inserito nell’elenco dei Borghi più belli d’Italia. Un piccolissimo e conservato villaggio edificato sul fiume Mincio.
E’ Visitabile in meno di mezza giornata. Ti consiglio di aggiungere a questa visita, un’ altra località vicino come Sirmione , Desenzano oppure potresti finire a bere del buon Vino Lugana nella tenuta Ca Maioli; un vino, se non lo conosci, davvero molto buono, è uno dei miei preferiti di questa casa vinicola.
INDICE DEI CONTENUTI
– COME ARRIVARE A BORGHETTO SUL MINCIO
Il modo migliore per arrivare a Borghetto sul Mincio è l’auto, raggiungendo prima Valeggio sul Mincio, di cui Borghetto è frazione.
Da Milano: l’Autostrada A4 in direzione Venezia e prendere l’uscita Peschiera del Garda. Da qui proseguire la SR249 e le indicazioni per Valeggio sul Mincio/Parco Sigurtà e, una volta raggiunto Valeggio, proseguire poi per Borghetto.
Una volta arrivati a Borghetto sul Mincio trovi diversi parcheggi a pagamento dove poter lasciare la vostra auto. Il costo è di € 1,50 all’ora. I due parcheggi più grandi si trovano in via Mantegna, il più comodo per chi arriva da Valeggio, e in via Buonarroti 24.
Personalmente ho parcheggiato l’auto nel camping ed ho raggiunto il Borgo segnalato da carte

– COSA VEDERE A BORGHETTO SUL MINCIO
Ti consiglio di lasciarti trasportare dal rumore dell’acqua e di assaporare ogni singolo angolo. Qua si respira la storia di ogni edificio.
Case sull’acqua, negozietti di artigiani in antichi locali, vecchi mulini ad acqua (alcuni ancora funzionanti), ristoranti e uno splendido paesaggio.

1. MULINI AD ACQUA
Il primo antico mulino ad acqua lo si incontra poco dopo l’ingresso di Borghetto. Di questo mulino resta ben poco e non è tra i più belli del borgo. Quasi di fronte, una piccola viuzza sulla destra conduce ad altri tre mulini ad acqua ben conservati, dei quali è possibile vedere ancora le loro ruote in funzione.
È possibile visitare l’interno di alcuni mulini, per osservare come gli ingranaggi della ruota, grazie alla forza dell’acqua, muovono la grande macina di pietra. Purtroppo non sono riuscita a vederli.

2. ANGOLO DEGLI INNAMORATI
Qui si trova anche l’Angolo degli Innamorati, una ringhiera dove ci sono appesi centinaia di lucchetti.

3. CHIESA DI SAN MARCO
Dalla strada principale è visibile la Chiesa di San Marco Evangelista, risalente al XVIII secolo. Fu edificata sui resti di una pieve romanica del XI secolo, dedicata a Santa Maria ed antica sede dei Templari, di cui oggi resta solamente l’abside visibile sul retro dell’attuale chiesa. L’interno della chiesa ospita diversi affreschi, alcuni recenti e altri sopravvissuti dalla vecchia pieve, come quello di San Bartolomeo incorniciato.
All’esterno, sul sagrato, si trovano alcune targhe riportanti iscrizioni riguardanti le principali battaglie svolte sulle rive del Mincio. Varcando un piccolo cancelletto sulla sinistra, è possibile visitare l’abside dell’antica chiesa e l’antico cimitero situato dietro alla chiesa, restaurato negli anni ’20, dove si trovano le lapidi più antiche ed importanti della storia locale. Da qui si raggiunge anche la torre campanaria, ricavata nella vecchia torre scaligera, testimonianza dall’antica fortificazione del castello. Al suo interno custodisce gelosamente una vecchia campana di bronzo del 1381.

4. PONTE SAN MARCO
Poco distante dalla chiesa si trova il Ponte San Marco, o Ponte di Legno, che porta alla riva opposta. Prima di oltrepassarlo, troverete incastonata nelle antiche mura medievali la statua di San Giovanni Nepomuceno, martire boemo, che un tempo era ospitata in una piccola edicola a metà del ponte. La tradizione vuole che il Santo protegga dall’annegamento coloro che cadono nelle acque del fiume.
5. PONTE VISCONTEO
Arrivati sulla riva opposta del fiume, vi si aprirà una splendida vista su diverse cascatelle e sul maestoso Ponte Visconteo, o Ponte Lungo. Questa grande diga fortificata fu costruita nel 1393 per volere di Gian Galeazzo Visconti, Duca di Milano, come difesa impenetrabile dei confini orientali del ducato. La costruzione è formata dalla lunga diga e da una grande rocca centrale, sede della guarnigione di sorveglianza.
Il ponte, che ha una lunghezza di 650 metri ed una larghezza di 25 metri, si collega il sovrastante Castello Scaligero tramite due alte cortine merlate e fa parte di un complesso fortificato chiamato Serraglio. Quest’ultimo, a suo tempo, era una fortificazione lunga circa 16 chilometri e fu edificata dagli Scaligeri tra il XIII e il XIV secolo per proteggere il territorio veronese dagli attacchi mantovani e milanesi. L’opera comprendeva il borgo fortificato di Borghetto e i tre castelli Scaligeri di Valeggio sul Mincio, Villafranca di Verona e Gherla. Dal Ponte Visconteo è possibile percorrerne una parte fino al Castello Scaligero situato in cima alla collina.

6. CASTELLO SCALIGERO
Il Castello Scaligero domina Valeggio e tutta la valle del Mincio, una suggestiva e imponente fortificazione medievale del XIV secolo.
Della sua parte più antica, quasi completamente rasa al suolo dal terremoto del 1117, resta solo la Torre Tonda, singolare costruzione a ferro di cavallo del X sec. che insieme ad altre tre formava una fortificazione a pianta trapezoidale, adeguata alla morfologia del territorio. La parte attualmente visitabile era originariamente chiamata la “Rocca” e ad essa si accedeva tramite due ponti levatoi. Un terzo ponte, l’unico tuttora esistente, immetteva nella parte più ampia del complesso, chiamata “Castello” di cui rimangono solo i ruderi delle mura perimetrali. L’area interna è ora occupata da una villa privata, edificata all’inizio del ‘900 (Villa Nuvoloni).
Il passare del tempo, le guerre e l’incuria dell’uomo hanno danneggiato progressivamente questo antico monumento. Solo negli ultimi decenni è iniziata l’opera di protezione e ricostruzione di questo nostro particolarissimo patrimonio storico. Attualmente, nel periodo estivo, vengono organizzate serate di spettacolo e cinema all’aperto, nel suggestivo scenario del cortile interno.





– LEGGENDA DEL CASTELLO SCALIGERO “SANGUE E MISTERO”
Per secoli, quando le notti erano più silenziose e buie, quando solo la luce della luna inargentava le torri merlate del Castello Scaligero, nessun valeggiano osava approssimarsi al “maniero”, poiché tutti sapevano che qualcuno o qualcosa s’aggirava per i rostri e le merlate. Molti, tra coloro che abitavano i dintorni, a ridosso del colle, giuravano di averlo visto: uno spettro gelido e silenzioso, imperioso e temibile, nelle notti di luna piena.
Qualcuno bisbigliava che tutto risalisse ad una tragica storia, molto vecchia, d’armi, potere e tradimenti, avvenuta ai tempi degli Scaligeri, Signori di Verona, quando, dopo che venne avvelenato per mano sconosciuta, l’ultimo dei discendenti di questa potente dinastia, Guglielmo, prese il controllo della Città, se pure per breve tempo, Giacomo da Carrara, già Signore di Padova. Questi tentò in ogni modo e con qualsiasi mezzo di tenere il potere e contrastare la crescente potenza della Serenissima, che minacciosamente avanzava nella Pianura Veneta.
.. il Castellano di valeggio…
All’inizio del Gennaio 1405 una delazione segreta informò proprio il Carrarese che il Castellano di Valeggio, messer Andriolo da Parma, stava trattando coi veneziani la resa e la consegna del capisaldo fortificato, cardine dell’imponente linea difensiva del Serraglio. La reazione del Carrarese fu subitanea e cruenta. L’8 Gennaio, un drappello di armigeri raggiunse il Castello di Valeggio e arrestò Andriolo, con l’infamante accusa di alto tradimento. Esautorato di tutti i suoi poteri, spezzata la spada, icona dell’autorità, il Da Parma fu legato e, su di un carro, trasportato sulle rive dell’Adige, a Verona, nel Campo di Marte. Incatenato ad un palo, con un colpo di lama venne brutalmente squartato.
La sanguinaria esecuzione non garantì, in ogni caso, la sopravvienza politica di Giacomo, che nel luglio successivo si vide costretto alla fuga, repentina, dai veronesi insorti, che consegnarono spontaneamente la Città a San Marco e al Doge. Non sappiamo dove fu sepolto Andriolo, forse il cadavere fu gettato nell’Adige o in una fossa comune. In ogni caso da quel giorno, tragico, pare che il suo spirito tormentato, tornato tra le mura del Castello, in ogni notte di plenilunio, vaghi tra le torri alla ricerca della sua spada, spezzata e sepolta in un luogo segreto dagli sgherri del Carrarese.
Andriolo cerca il suo onore perduto, senza il quale non può riposare in pace.
Fonte:voleggio.com
– COSA MANGIARE PRODOTTI TIPICI
In questo luogo fantastico non poteva mancare un piatto che racconta tradizione e leggenda.
Il capolavoro della tradizione culinaria locale sono i “Tortellini di Valeggio”, in dialetto, “agnolin“. Fatti a mano uno ad uno, con una sottile sfoglia di pasta ed un delicato ripieno di carne, sono il piatto che non può assolutamente mancare sulla tavola delle feste o ricorrenze dei valeggiani. Si possono gustare asciutti al burro e salvia oppure in brodo, in uno dei tanti ristoranti del paese, o acquistarli nei numerosi pastifici artigiani.
Oltre ai classici tortellini col ripieno di carne, puoi assaporare anche gustosi tortelli ai ripieni di verdure di stagione, formaggi o fantasiosi accostamenti con selvaggina, pesce e molto altro ancora.
La ricetta e le origini di questo piatto si allacciano con i racconti e le favole tramandate da una generazione all’altra, nell’intimità delle case. In particolare è ad una leggenda ambientata alla fine del ‘300, scritta e illustrata dal maestro orafo Alberto Zucchetta.

– EVENTI
Al tortellino “Nodo D’amore, sono legati due importantissimi eventi in grado di muovere ogni anno migliaia di visitatori. Stiamo parlando dell’attesissimo appuntamento del 3° martedì di Giugno con La Festa del Nodo d’Amore,una cena all’aperto per 3.300 persone, sedute ad una tavola lunga più di 1 km sul Ponte Visconteo a Borghetto e dell’itinerante kermesse enogastronomica Tortellini e Dintorni che si svolge a Settembre per 3 giorni nelle vie del centro storico coinvolgendo tutte le attività del paese.
– LA LEGGENDA DEL NODO D’AMORE
Una storia ideata ed illustrata dal maestro Alberto Zucchetta. Una favola culinaria che non ci stanchiamo mai di raccontare!
Alla fine del ‘300, nel corso delle numerose guerre che segnarono l’Italia settentrionale, il signore di Milano, Giangaleazzo Visconti, detto “il Conte di Virtù“, raggiunge le sponde del Mincio con le sue truppe e vi stabilisce una testa di ponte per lo sviluppo di un piano militare contro i suoi nemici. Nel mentre, all’interno dell’accampamento delle truppe viscontee, il buffone Gonnella, intrattiene i soldati alla luce di un falò, raccontando un’antica leggenda…si dice che le acque del Mincio, siano popolate da ninfe bellissime, che talvolta escono dal fiume per danzare in prossimità delle rive, ma una vecchia maledizione e costringe ad assumere le sembianze di orride streghe. Mentre tutto l’accampamento cade nel sonno, provenienti dal fiume ne appaiono alcune che iniziano a danzare tra i soldati addormentati..solo Malco, il loro valoroso capitano, si ridesta e affronta le misteriose creature, che, vedendosi scoperte, fuggono verso il Mincio. Una di queste viene raggiunta e, nel disperato tentativo di scappare, perde il mantello che l’avvolgeva, rivelandosi inaspettatamente una splendida ninfa. Nel breve corso della notte tra i due nasce l’amore e l’alba li sorprende a promettersi eterna fedeltà.
Silvia la Bella Ninfa
Silvia, la bella ninfa, deve ritornare nelle profondità del fiume prima del sorgere de sole e lascia a Malco, quale pegno del suo amore, un fazzoletto annodato teneramente. Il giorno seguente giungono alla presenza del Conte di Virtù tre splendide ambascerie. Durante il ricevimento alcune belle fanciulle eseguono una danza in onore degli ospiti. Il capitano Malco riconosce in una di esse Silvia, che l’amore ha spinto ad affrontare il mondo tumultuoso degli uomini.
Gli sguardi innamorati tra Silvia e Malco destano, però, la gelosia di Isabella, nobile dama, cugina del Conte di Virtù, che da tempo aspira all’amore del capitano. Spinta dalla gelosia, Isabella denuncia al Conte, come strega, la bella ninfa. La festa viene subito interrotta e dato l’ordine di arrestare Silvia. Malco impetuosamente si frappone tra la fanciulla amata e le guardie, consentendole di fuggire verso il fiume, poi si arrende e consegna la spada al Conte adirato. Al calar della sera Isabella si presenta a Malco, che langue in una cella: tormentata per il suo gesto invoca disperatamente il perdono e la comprensione del prigioniero.
Mentre i due si parlano, riappare Silvia, ancora una volta emersa dal fiume, per salvare l’amato, costringendo Isabella a ritirarsi sconfitta. Silvia propone a Malco l’unica via di scampo: non sulla terra, dove ormai non ci può essere felicità tra i due amanti, ma nelle acque, dove vivono le ninfe. Malco accetta senza esitazione e si dirige con Silvia verso il fiume Mincio. Il conte di Virtù allertato dalle guardie si lancia all’inseguimento, ma viene momentaneamente fermato da Isabella, la quale, pentita, chiede rispetto e comprensione per un amore che non conosce limitazioni.
Arrivati al fiume, poco dopo che Silvia e Malco si sono lanciati nelle acque, il conte di Virtù trova abbandonato sulla riva il fazzoletto di seta dorata, simbolicamente annodato dai due amanti, per ricordare il loro eterno amore. Ancora oggi si racconta come le donne e le ragazze di quel tempo, durante i giorni di festa, avessero voluto raccontare la storia dei due innamorati, tirando una pasta sottile come la seta, tagliata e annodata come il fazzoletto d’oro e arricchita di un delicato ripieno. Era nata la leggenda del TORTELLINO DI VALEGGIO.